Sull’obbligo della comunicazione o della denuncia all’Inail di un infortunio sul lavoro non c’è alcun dubbio: i datori di lavoro ed i loro consulenti conoscono bene tempistiche e modalità. Ciò che invece viene trascurato, perché non costituente obbligo giuridico, è la segnalazione ( o “reporting”) dei c.d. “near miss” o quasi infortuni.
Il near miss è infatti un evento che si verifica in ambiente di lavoro e durante l’orario di lavoro che avrebbe potuto cagionare un danno al lavoratore ma che, per condizione fortuite favorevoli, non ha comportato conseguenze negative. In tali ipotesi, se l’azienda non prevede una specifica procedura di segnalazione e poi di analisi, lo “scampato pericolo” entra nel dimenticatoio perché, da un punto di vista pratico, non ha prodotto conseguenze e, da un punto di vista normativo, non vi è alcun obbligo. In realtà le cause dei near miss sono spesso sovrapponibili a quelle degli infortuni sul lavoro con la sola differenza che i primi non cagionano danni ai lavoratori. E’ evidente che se, nelle aziende, si decide di implementare un sistema di reporting dei near miss, ciò comporterà un rilevante vantaggio ai fini prevenzionistici. Si potranno, infatti, eliminare o ridurre le cause che con probabilità produrranno infortuni futuri, più o meno gravi.
Nella moderna cultura della sicurezza infatti, non è più importante capire “chi” è il colpevole bensì “cosa”, all’interno dell’organizzazione, ha permesso al lavoratore di trovarsi in una situazione che potrebbe averlo indotto in errore.
La segnalazione dei quasi infortuni, fatta in maniera sistematica, costituisce per le aziende un bagaglio esperienziale importante per la valutazione dei rischi, oltre che strumento prezioso per far sì che comportamenti occasionali scorretti non diventino prassi lavorative costanti.
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